Facce Da Leggere: la mostra
Un’attesa febbrile e carica di aspettative: questo è per me lavorare con la Polaroid Giant Camera.

«Attesa» è un termine che parlando di una Polaroid può suonare stonato, visto che dallo scatto allo sviluppo della pellicola non passa più di un minuto e mezzo. Eppure quel minuto e mezzo è un tempo senza fine, per quanto mi riguarda è l’unità di misura dell’eternità – e dell’intensità emotiva di un essere umano.

La Giant Camera è un’imponente signora d’altri tempi, 100 chilogrammi di legno e di ottone. E una signora molto esigente, anche. Come ogni vera primadonna, pretende un setting accurato, non concede repliche. Buona la prima. Non sono ammessi ripensamenti. Scattare una foto con lei significa impressionare una pellicola piuttosto costosa.

Il cuore in sospeso, il fiato corto, attenzione e emozione al massimo… e il timer finalmente suona. È il momento di togliere la pellicola protettiva alla lastra appena impressionata.

E ad essere «impressionati» siamo almeno in due, anzi, in tre, perché con me e la signora c’è anche la persona che ho fotografato, e che solo in quel momento saprà se tutto è andato per il meglio, se la macchina ha saputo catturare la sua «anima».

Marina Alessi

 

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